Scopri il Corso di Alta Formazione in Criminologia di CFS
Il Corso di Alta Formazione in Criminologia e Forensics Science, il primo in ambito criminologico presente sul territorio campano, è un corso altamente professionalizzante che consente, a chi è in possesso di una laurea in giurisprudenza, psicologia, psichiatria, medicina legale, scienze sociologiche, antropologiche e sociali, di acquisire le nozioni fondamentali per poter lavorare in vari settori, in particolar modo in quegli ambiti su cui la società odierna –sempre più digitalizzata- fonda le proprie radici.
Com’è strutturato il corso?
Il Corso è organizzato su quattro macroaree: la prima area, quella giuridica, affronta principalmente la storia del crimine e i vari interventi legislativi adottati dal legislatore italiano per contrastarlo.
La seconda area è denominata “socio-psico-antropologica”, ed esamina i fenomeni del deep web, degli hikikomori, nonché le varie tipologie di perversione e sadomasochismo che stanno alla base dei fenomeni delittuosi.
La terza macroarea riguarda la psichiatria forense e medicina legale, con focus specifico sulle neuroscienze, disturbi di natura psichica, consulenze tecniche di parte e d’ufficio, e analisi della grafologia.
L’ultima area si occupa del cybercrime e della digital investigation: tra i vari tipi di reato, infatti, il cosiddetto “cybercrime” è sempre più diffuso.
Esso comprende l’insieme dei reati di furto di identità digitale, frodi online, furto dei dati aziendali, attacchi ransomware, truffa online, web reputation, vendita online di articoli illegali, cyberspionaggio, diffusione di materiale pedopornografico, etc.
Quali sono i rischi online?
Secondo quanto emerge dal rapporto State of Cybersecurity Resilience 2021, dal 2020 al 2021 gli attacchi alla sicurezza sono aumentati del 31%. Il numero di attacchi per azienda è aumentato da 206 a 270 su base annua. Secondo la compagnia assicurativa Hiscox, un singolo attacco, sia che si tratti di violazione dei dati, malware, ransomware o attacco DDoS, costa in media alle aziende di qualsiasi dimensione 200.000 dollari, e molte aziende colpite cessano l’attività entro sei mesi dall’attacco.
È evidente come, in questo contesto, emerga sempre di più la necessità di tutelare la propria identità digitale. Una definizione di identità digitale è stata data dal Decreto SPID, che lo definisce “rappresentazione informatica della corrispondenza biunivoca tra un utente ed i suoi attributi identificativi, verificata attraverso l’insieme dei dati raccolti e registrati in forma digitale”.
Purtroppo, sono cresciuti esponenzialmente i casi di “identitytheft”, ovvero del furto di identità digitale: utilizzando procedimenti di social engineering, gli utenti ignari vengono raggirati ed indotti ad eseguire azioni finalizzate al furto delle credenziali di accesso oppure all’ottenimento delle informazioni e dei dati personali da utilizzare per l’accesso a sistemi informatici, sostituendosi, di fatto, alla vittima.
Pur non trattandosi materialmente una sostituzione di persona, il nostro ordinamento ha equiparato tale fattispecie al reato di cui all’art. 494 c.p. disciplinante la sostituzione di persona, in virtù del quale: “Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome o un falso stato ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, è punito se il fatto non costituisce un altro delitto contro la fede pubblica con la reclusione fino ad un anno”.
Un’altra modalità attraverso la quale si procede al furto dell’identità digitale è rappresentato dal fenomeno del Phishing: con tale attività, un soggetto cerca di appropriarsi di informazioni quali numeri di carte di credito, informazioni relative ad account, password o altre informazioni di natura personale, convincendo l’utente a fornirle mediante falsi pretesti.
Tale condotta integra, in primo luogo, il reato di trattamento illecito di dati personali di cui all’art. 167 del codice della privacy che punisce “chiunque, al fine di trarne per sé o per altri profitto o di recare ad altri un danno, procede al trattamento dei dati personali…. è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione da sei a diciotto mesi o, se il fatto consiste nella comunicazione o diffusione, con la reclusione da sei a ventiquattro mesi”.
In secondo luogo, tale fattispecie è punibile ai sensi dell’art. 630-ter c.p. comma 3 che ha inserito nel codice penale il concetto di identità digitale: in particolare, il legislatore per il reato di “frode informatica commessa con sostituzione di identità digitale” ha previsto la pena della reclusione da due a sei anni e la multa da 600,00 euro a 3.000,00 euro nel caso in cui il fatto sia commesso mediante furto o indebito utilizzo dell’identità digitale in danno di uno o più soggetti.
Come contrastare i cybercrime?
La lotta al cybercrime, dunque, non risparmia nessun settore e nessun Paese e molte organizzazioni, non solo italiane, purtroppo non sembrano essere adeguatamente preparate. Il mercato della lotta al cybercrime italiano cerca di tenere il passo dei vari attacchi hacker che si susseguono, ma a tenere alta l’asticella della sicurezza informatica sembrano esserci solo le grandi imprese.
Tuttavia, la lotta al cybercrime non è soltanto una questione di investimenti, ma anche di ruoli, competenze, strumenti e struttura organizzativa. Per la salvaguardia del proprio patrimonio informativo, le aziende italiane si affidano sempre più a un Responsabile della sicurezza informatica, meglio noto con l’appellativo di CISO (Chief Information Security Officer). In generale, le figure professionali dedicate alla gestione della Cyber Security sono in aumento. Al CISO si affiancano Security Analyst, Ethical Hacker, Security Engineer e Security Developer, tra i ruoli più cercati e richiesti in questo delicato ambito.
Scegliere di intraprendere la strada della lotta ai crimini informatici può costituire, quindi, un’ottima opportunità lavorativa, considerati sia la richiesta sempre più alta, da parte di imprese e cittadini, di interventi di questo tipo, sia la necessità di formare nuove figure altamente professionalizzate che sappiano individuare con celerità i crimini digitali che gli si presentano.
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